mercoledì 24 novembre 2021

Speciale rubrica Sudamerica - 1- Julio Toaquiza. Tigua

 



SPECIALE RUBRICA SUDAMERICA

SPECIAL COLUMN SOUTHAMERICA




JULIO TOAQUIZA 

TIGUA

In attesa della riapertura delle mete sudamericane (ad oggi possibili solo Cile e Uruguay) vi racconteremo con cadenza minima ogni due settimane un luogo, una storia, un volto del Sudamerica per farvi capire cosa ci ha fatto innamorare di quel continente.
La storia di oggi è ambientata in Ecuador. Non è una storia normale; certo il mondo è pieno di storie di questo genere, ma penso che ognuna di queste valga la pena di essere raccontata.
Dicevamo. Ecuador, Paese turisticamente sottovalutato, sebbene affascinante naturalisticamente e ricco di possibilità ed avventure, ma ancora poco noto.
La storia che sto per raccontarvi va inquadrata in uno dei paesi più poveri del Sudamerica, un paese in cui la crescita rispetto al resto del mondo è avvenuta con grande ritardo.
Non è il momento nè il luogo per parlare della storia dell'Ecuador, ma forse qualche esempio potrebbe aiutarvi per inquadrare il Paese nelle epoche e nel mondo.
Il primo treno in Ecuador si è avuto nel 1908, un secolo dopo rispetto ai paesi più sviluppati, e solo dal 1908 si può dire che sia iniziata anche in Ecuador la rivoluzione industriale con i suoi importanti cambiamenti.
Nonostante questo fino al 1930 la più grande esportazione ecuadoregna (più grande è un eufemismo visto che ricopriva quasi il 95 percento di tutte le esportazioni) è stata quella dei cappelli di Panama, cappelli peraltro realizzati a mano e trasportati per lo più dalla costa alla città di Cuenca attraversando le montagne a cavallo o a piedi (da Guyaquil a Cuenca ci voleva circa una settimana, se si riusciva a sopravvivere).
Solo dal 1940 poi hanno iniziato a diffondersi le costruzioni in cemento.
In questo quadro va ricondotta la nostra storia, la storia di Julio Toaquiza, nato nel 1946 a Huana Turupata, vicino a Tigua. Venduto ad un signore di città da un suo parente (si, avete capito bene) quando aveva solo quattro anni, riuscito a fuggire grazie all'intervento di uno dei suoi fratelli che era riuscito a trovarlo casualmente, era comunque stato costretto a lavorare fin dall'età di 5 anni nei campi per sopravvivere.
Ma come nei più grandi miti americani del self made man qualcosa gli ha cambiato la vita e poi l'ha cambiata a un paese intero.
Durante gli anni '70 il giovane indigeno, come i suoi compaesani (di Tigua) amava suonare il tamburo e per passione e diletto lo abbelliva colorando e dipingendone le pelli.
Una pittrice famosa dell'Ecuador, Olga Fisch, casualmente vide uno di questi tamburi e se ne innamorò. Lo compró e lo espose in una delle sue mostre. Il tamburo ebbe un successo incredibile così che Olga decise di esporne sempre di più. E a quel punto la pittrice capí che era arrivato il momento di passare ai quadri e suggerì a Julio Toaquiza di iniziare a dipingere per lavoro.
Ora alcuni suoi quadri costano più di 5000 dollari.
Ma la storia non finisce qui. Quello che è più incredibile e stupefacente è che ora nel paese di Tigua, dove la popolazione assieme allo spagnolo parla tutta anche il quichua, il 70% della popolazione dipinge. Julio Toaquiza infatti non si è limitato a raggiungere il successo per sé stesso ma ha tramandato e insegnato la sua arte a figli, parenti e amici, che a loro volta hanno fatto lo stesso.
Oggi il paese di Tigua è conosciuto in tutto l'Ecuador come il paese dei pittori e sono tantissime le boutique che vendono quadri o altri oggetti dipinti, non solo a Tigua, ma in tutto l'Eduador.
La pittura di Tigua è caratterizzata da assenza di proporzioni, colori forti e vivi che trasmettono sensazioni di gioia ed allegria, e catturano l'osservatore facendolo immergere nelle storie e tradizioni quechua che questi quadri raccontano. Nel quadro si possono vedere gli indigeni che lavorano alle pendici del Quilotoa, il lago nella caldera di un vulcano, e da lì nelle giornate con cielo molto terso si riesce a intravvedere anche il cotopaxi innevato, vulcano di 5897 m. In terra i lama che pascolano e  in cielo la donna Condor, una delle leggende inca più conosciute. Il Condor è una delle tre divinità con simbolo animale: il serpente, il puma e appunto il condor, messaggero spirituale che porta le anime dal mondo terreno al cielo.
La leggenda narra che un giorno il condor si innamorò di una bellissima ragazza e la corteggió a tal punto che la convinse ad andare a vivere con lui e a lasciare la dimensione terrena. E con il passare di giorni, mesi e anni anche lei si trasformò in condor. Ora questa leggenda viene anche usata per spaventare le bambine e indurle a non uscire la notte visto il pericolo di rapimento da parte dei condor.


 

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